Casa Monari … 16 ottobre

Stefano Manservisi

La notte a Casa Monari qui a Maguta (o Manguta come sostiene Salvadòr) è passata tranquilla e riposante, punteggiata soltanto da qualche scroscio di pioggia. Alle 8 facciamo colazione poi partiamo per fare un giro al cantiere della centrale prendendo la strada che sale all’abitato di Madege per poi ridiscendere fino al ponte nei pressi del villaggio di Lukosi e che passando a fianco delle scuole secondarie, prosegue svoltando a destra fino allo spiazzo dove sono stati montati un prefabbricato per uffici un capannone metallico dove sono depositati i materiali per la realizzazione del fabbricato della centrale e che assieme a due container di materiali costituiscono il cantiere a valle dell’impianto.

Qui troviamo già assemblata la enorme biforcazione a Y che suddividerà il flusso di acqua proveniente dal salto per alimentare le due turbine previste alla fine della seconda fase del progetto (per ora la prima fase prevede la realizzazione di una sola “linea d’asse” turbina – alternatore).

L’emozione per tutto quello che abbiamo visto nei giorni scorsi e qui su queste montagne, che ormai sentiamo un poco nostre, è intensa e il presidente assieme a noi si lascia trasportare da un momento di commozione, pensando a coloro che hanno sognato e voluto questo progetto e che non hanno potuto essere qui per vederne i progressi in questi ultimi 5 anni.

Con la pioggia di questa notte non è consigliabile rientrare per la ripida strada diretta che Marco & soci hanno realizzato per mettere in comunicazione il cantiere superiore con quello a valle.

Assieme a Carlo ripercorriamo a piedi un breve tratto la strada che abbiamo fatto prima fino ad arrivare in un punto dal quale si può avere un vista completa del “salto” e di tutto il cantiere a valle, poi risaliamo sul Toyota per rientrare facendoci lasciare qualche curva prima dell’ingresso di Casa Monari per immergerci almeno per qualche minuto in questo paesaggio stupendo.

Rientrando discutiamo su alcuni aspetti dell’incontro avuto giovedì scorso a Dar con il Vescovo e in vista dell’incontro di Martedì ad Iringa con le altre persone coinvolte dal Vescovo nella gestione dell’impianto di Madege.

La discussione continua animata anche durante e dopo il pranzo, i punti da chiarire e da definire, anche relativamente alla nostra posizione oltre che relativamente ai rapporti bilaterali sono molti e anche delicati, ma ormai inderogabili visto che il momento del passaggio dalla fase realizzativa a quella gestionale si sta avvicinando sempre di più man mano che i lavori procedono.

Dopo una breve pausa, verso sera riprendiamo la programmazione delle prossime due giornate per le quali avendo fatto e disfatto il calendario almeno due volte alla fine siamo riusciti a ritagliarci una veloce escursione al parco del Ruaha. Anche perchè martedì sarà un’altra giornata piena di impegni.

La domenica andando alla messa

Carlo Lesi

Oggi domenica giorno di riposo. Siamo stati stamattina nei dintorni di Maguta per vedere lo stato di avanzamento dei lavori laddove la condotta forzata compie il balzo finale prima di arrivare a valle per incontrare la turbina che trasforma l’energia idrica in quella elettrica. Lavoro immane compiuto a regola d’arte..

Maguta, dove ha sede Casa Monari ed il cantiere, è una frazione di Madege: è circondata di colline verdeggianti in parte coltivate con cura in parte coperte di boschi. A volte i boschi sono così fitti e gli alberi così alti che pare di essere nella foresta amazzonica. Ovvio che occorre un pizzico di sana fantasia da parte di chi scrive. Di certo è una zona piovosa. Un paesaggio riposante e surreale anche per la presenza di capanne di fango e paglia che ancora si intravvedono ed i bambini scalzi, coperti di polvere e di stracci che si incontrano. In cambio sorridono e ricambiano il saluto educatamente con la mano. Occhi vivaci e sorriso a tutto tondo. Nessun moralismo, ma ogni tanto fa bene ripensarci per provare a dare il giusto valore ai fatti della nostra vita quotidiana “occidentale”. Per immergerci meglio in questa realtà con Stefano abbiamo camminato a piedi sulle strade fangose. Stanotte è piovuto. Oggi cielo plumbeo con apertura pomeridiana al sereno. Nel nostro giro abbiamo incontrato frotte di donne e bambini; pochi gli uomini. Non è facile dare l’età alle donne: sembrano tutte anziane con visi rugosi e lineamenti del volto scolpiti testimonianza della vita faticosa e di stenti che conducono. Vi contribuiscono anche le numerose gravidanze. Mi hanno riferito anche di maltrattamenti da parte degli uomini ubriachi Non sono mai entrato nelle loro case ma a chi è stato loro concesso racconta di interni miseri composti da stuoie per dormire, cavalletti di legno per appoggiare i vestiti, un po’ di legna al centro per accendere il fuoco. Wc open space. A chi scrive piacerebbe conoscere lo swaili ed avere la possibilità di parlare con loro per conoscerne usi e costumi. Anche entrare nelle loro case. Non per curiosità ma per capire. Ritengo che anche queste persone abbiano insegnamenti e saggezza di vita da offrirci. Esempio apparentemente banale sono i vestiti delle donne incontrate oggi: di colori sgargianti, a tinte forti con giochi, disegni ed intrecci di diversi colori che colpiscono a prima vista. Ravvivano l’animo di chi li incrocia. In questo modo manifestano una dignità umana che contrasta con le fatiche che sopportano ogni giorno. Dove stavano andando? A Messa. Con i loro vestiti allegri forse volevano sottolineare l’importanza dell’evento. Questo non è già un insegnamento di vita per noi?