Mkutano Askofu wa Iringa … 18 ottobre

Stefano Manservisi

Quello di oggi dovrebbe essere l’incontro più importante di questo viaggio dopo quello alla Nazareth House di Dar con il Vescovo di Iringa.

Colazione alle otto e ci presentiamo puntuali alle 9 in vescovado, come sempre ci accoglie padre Wissa che ci fa accomodare nella sala per le riunioni dove ci aspetta il vicario. Mentre aspettiamo che arrivino tutte e persone invitate all’incontro Carlo si fa spiegare dal vicario la “genealogia” della diocesi di Iringa dalla sua fondazione alla fine dell’800 ad oggi.

Quando tutti sono arrivati, il vicario apre l’incontro con un saluto e l’invito a presentarsi, attorno al tavolo siamo in 10. Dopo le presentazioni Luciano da inizio ai lavori.

L’incontro dura tre ora e si tiene in tre lingue: kiswahili, inglese ed italiano e anche per questo risulterà piuttosto impegnativo ma decisamente proficuo e costruttivo.

Abbiamo affrontato temi fondamentali per il futuro del progetto idroelettrico, con l’unico comune scopo di realizzare un impinto che permetta di innescare e sostenere lo sviluppo delle popolazioni delle nostre montagne, in autosufficienza economica e sempre salvaguardando la caratteristica “non profit”.

Alle 11:30 circa Carlo ci lascia per andare a trovare gli amici di Nyumba Ali. Una associazione che si occupa di riabilitare e sostenere i bambini disabili. Noi proseguiamo ancora un’altra oretta poi il vicario conclude i lavori invitandoci a pranzo assieme a loro. Durante il pranzo abbiamo il modo di constatare la reciproca soddisfazione per l’incontro che segna l’inizio di un nuovo cammino insieme tra SCSFong e la Diocesi di Iringa.

Dopo pranzo abbiamo in altro appuntamento con l’ingegnere che dovrà occuparsi della perimetrazione delle aree da acquisire per il nostro progetto sia a monte che a valle dell’impianto.

Conclusi gli incontri tecnici in sede chiedo a p. Peter se ci può accompagnare allo sportello bancario per valutare la possibilità di aprire un canale diretto tra Bologna e iringa. Purtroppo per poter aprire un account come o.n.g. Occorre la registrazione in Tanzania e anche per aprirne uno personale occorre un permesso di soggiorno temporaneo.

Tutto sommato, considerando la frequenza dei viaggi in questi ultimi anni ed il costo dei visti, potrebbe essere utile dotare due persone di permesso temporaneo e aprire un account. Rimaniamo d’accordo con p. Peter che mi fa sapere cosa occorre e quali costi ha una operazione del genere.

A questo punto passiamo a salutare anche noi gli amici di Nyumba Ali che stanno facendo veramente un grande lavoro con questi bambini che non godono di una sorte migliore di quelli che ho conosciuto a Tabora, anzi credo che siano molto più impegnativi, vederli giocare nella palestra di riabilitazione, come al solito mi crea emozioni contrastanti e difficilmente descrivibili a parole … ci fermiamo per quattro chiacchiere poi li liberiamo e assieme a Carlo andiamo a fare qualche acquisto alla associazione Neema Krafts e al mercatino Masahi.

Neema Krafts è un’altra associazione che si occupa della riabilitazione di persone disabili ed è organizzata con un laboratorio attrezzato per attività artigianali ed un bel negozio impostato analogamente a quelli del mercato equo e solidale che conosciamo in Italia e a Bologna, l’organizzazione è sostenuta dalla Diocesi Anglicana di Ruaha.

Il mercatino Masahi invece è un piccolo mercatino artigianale dove si possono trovare oggetti di artigianato locale e Masahi, qui incontriamo ancora uno dei due ragazzi che fermarono Carlo qualche giorno fa mentre aspettavamo Mario vicino al mercato e la mamma Masahi che ci presentò Peter anni fa e che è diventata la nostra fornitrice ufficiale di collane e ciondoli, trovo anche qualche altro oggetto e un paio di disegni a colori, in tinga tinga e un masahi.

Ormai è ora di rientrare, salutiamo Peter e andiamo a prepararci per la cena.

Non è ben chiaro con quale criterio la sala per la cena sia una volta quella superiore e una volta quella inferiore nonostante sia apparecchiata quell’altra, comunque non fa differenza, scendiamo. La sala grande, è ricavata dalla copertura e dalla chiusura con grani finestrone scorrevoli (attraverso le quali si accede) di un grande spazio che era evidentemente stato pensato come aperto, la sala ha poi uno spazio più raccolto che ospita il ristorante … siamo solo noi … e siccome la luce della zona ristorante non si accende e a quanto pare non si aggiusta, ceniamo nella penombra.

Dopo cena in camera a preparare le valige, domani lasceremo Iringa per Morogoro sulla via del ritorno.

I volontari di Nyumba Ali

Carlo Lesi

Oggi sosta ad Iringa. Ho avuto modo di rivedere Bruna e Lucio che da 4 anni vivono qui dopo avere lasciato Bologna ed hanno accolto in casa tre ragazze con handicap motorio e/o psichico. Hanno poi costruito, affianco la casa, una palestrina di riabilitazione per bambini con esiti di paralisi cerebrale. La loro associazione si chiama Nyumba ali ( Casa con le ali) e non ci sono parole per esprimere la nostra gratitudine mista a stupore di fronte a scelte di vita così radicali ed utili. Non fanno notizia ma lasciano un segno – quanto meno una memoria – in chi ne viene a contatto. Assieme a loro ho incontrato quattro ragazzi italiani con meno di trenta anni ciascuno che a vario titolo danno una mano: due volontari civili, una laureanda come logopedista, una maestra di sostegno per ragazzi con handicap. Tutti qui per tempi diversi, ma animati dal desiderio di venire a contatto con simile particolare iniziativa. Anche formativa sia sul piano umano che professionale. Un paio di loro di pomeriggio si reca nelle abitazioni dei bambini per valutare come stanno e soprattutto se si alimentano. Le porte si sono aperte perché i nostri amici hanno istituito frequenti contatti con le madri creando fiducia nel lavoro svolto. I padri latitano. Da queste parti la regola è un pasto al giorno: polenta e fagioli, riso e legumi. Carne e pesce rari per motivi economici.

Dal che si comprende la frequente malnutrizione che affligge i piccoli: ne ho visti un paio con il pancino gonfio. Il che complica la loro malattia.

Ovvio che questi volontari sono ben tutelati dal punto di vista umano e delle attività che svolgono, ma il solo pensiero di lasciare la nazione di origine, venire in un altro continente molto diverso da quello di origine e vivere accanto a bambini con gravi disabilità è encomiabile a dir poco. Convivere con banali disagi: l’improvvisa mancanza di acqua e/o di luce. Ad esempio in questo momento sto scrivendo nel buio della mia camera per la scomparsa della luce. Stamattina mancava l’acqua. Chi svolge servizio civile si ferma un anno, gli altri per periodi inferiori. Allora va detto a chiare lettere che esiste ancora una gioventù non fannullona e non “bambocciona” che decide di spendere senza enfasi parte della propria vita al servizio di chi la vita, per vie imperscrutabili, ha reso meno fortunata della loro. Anche su questo punto c’è da riflettere: spesso i portatori di handicap sopperiscono con profonda sensibilità umana ed affetto alle carenze fisiche, psichiche, intellettive. Sembra che abbiano sviluppata – con un misterioso meccanismo di compensazione – la parte del loro essere non toccata dalla malattia. L’arricchimento- seppur faticoso – diventa reciproco fra loro e chi hanno a fianco. E’ proprio il caso di dire che “ chi trova un volontario trova un tesoro.”.