Stefano Manservisi
Dopo il primo momento di insofferenza, passato quando rientrando al Pope John Paul II Hostel di Dar es Salaam (il Kurasini per intenderci) scopriamo che nessuno si è preoccupato di riparare un guasto elettrico e che le camere del primo piano (solo di quelle) e quindi anche le nostre, sono al buio per l’ennesima volta; e dopo avere constatato il completo disinteresse da parte della direzione che anzi si è dimostrata piuttosto seccata alle nostre rimostranze, scaricando la responsabilità sui problemi cronici, quanto inesistenti in quel momento dato che il resto del complesso era tutto illuminato, di approvvigionamento elettrco; penso sulla fauna umana che circola da queste parti.
In particolare, durante i nostri brevi soggiorni al Kurasini di Dar, sono rimasto colpito da coloro che venendo cui quasi sembrano proprio cercare gli inconvenienti dovuti alla mancanza di acqua e di corrente, quasi fossero aspetti folkloristici locali, come che servissero per rassicurarli che si, l’Africa che si aspettano di trovare è ancora li, immutabile, sempre desiderosa del loro operoso intervento, della loro indispensabile generosità. Così vanno allegrmente e scherzosamente in camera con la loro torcetta a dinamo.
Io però non capisco cosa ci sia di divertente nel dover stare in una camera al buio! Soprattutto se tutti, sopra e sotto di tè hanno la luce, cosa ci sarà mai di divertente se dopo una giornata nell’afa soffocante di Dar non puoi farti una doccia e sei costretto a riparati sotto la zanzariera per non farti mangiare dalle zanzare! L’Africa che ci aspetta sta cambiando molto velocemente e non sempre è l’Africa che ci aspettiamo.