Riflessione sulla fatica di chi resta

La notizia dell’incidente aereo accaduto lo scorso fine settimana dove sono scomparsi assieme agli altri, anche alcuni volontari e cooperanti italiani durante il viaggio che li avrebbe portati sui luoghi delle loro attività mi ha colpito.

Non mi è facile esprimere i sentimenti che provo pensando a questo tragico evento. Naturalmente senza dimenticare tutte le disavventure e le tragedie che purtroppo accompagnano, fin troppo spesso, le attività di volontariato specie in ambito internazionale, eventi dei quali si cerca di non parlare ma che non possono essere ignorati.

Il pensiero va immediatamente e naturalmente a chi è scomparso ed a ciò che stavano facendo di buono, ma è soprattutto alle loro famiglie, a chi resta e soffre la perdita dei propri cari, sottratti al loro affetto proprio mentre stavano facendo ciò che ritenevano giusto fare seguendo i propri ideali e le proprie convinzioni, senza clamore, non per farsi belli o buoni, ma semplicemente perché credevano in ciò che stavano facendo e perché lo ritenevano giusto, che penso in questo triste momento.

Non che queste persone siano più importanti delle altre altre, ciascuna agli occhi dei loro cari, certo, ma questa tragedia mi spinge a condividere con tutti voi alcune riflessioni che sino ad ora ho sempre tenuto per me.

In particolare su quel sottile senso di disagio, un misto tra timore e malinconica tristezza, non intense ma quanto basta per lasciarmi sempre, assieme all’entusiasmo e alla energia che accompagna ogni partenza, in leggero sapore amaro. Provo queste sensazioni contraddittorie ogni volta che parto, ogni volta che per le attività della nostra associazione, cose in cui credo, cose che credo giuste, devo partire lasciando a casa la famiglia.

La consapevolezza che chi resta, mentre noi partiamo per seguire ciò che riteniamo giusto, prova sentimenti contraddittori: solidarietà e condivisione, ma anche abbandono.

Il tempo che decidiamo consapevolmente di impegnare per il volontariato per quanto convintamente giuste possano essere le motivazioni, è comunque tempo sottratto alla famiglia ed agli affetti, e se chi parte può essere disposto a sacrificarlo in ragione di un valore che si ritiene superiore, resta il fatto che dall’altra parte il reciproco non è una scelta ma una conseguenza.

L’entusiasmo e l’impegno che sostiene ogni partenza ha per me sempre una punta di amaro per chi resta a casa, non importa se per periodi più o meno lunghi o per mete più o meno lontane, senza l’accettazione, tacita spesso, delle nostre personali decisioni, noi non potremmo seguire gli ideali in cui crediamo.

La fatica, la sottile ansia, la responsabilità verso i figli e la famiglia, il carico certamente maggiore per la vita quotidiana che comunque prosegue anche durante le nostre assenze, valgono tanto quanto, se non di più, il nostro impegno, la nostra fatica, il nostro tempo durante queste assenze.

In questa tragica occasione penso che, chi scompare mentre si sta impegnando in ciò che ritiene giusto, non ne sopporta le conseguenze ed il dolore, non dovrà chiedersi il perché, oppure sopportare il rimorso di non essere riuscito a trattenere a sé i propri cari, o trovare la forza di condividere e continuare a credere in ciò che appare direttamente la casa di una così violenta ed irreversibile privazione.

é chi resta che sopporta sempre la fatica di dover sopperire a chi parte. E se il ritorno, riportando affetti ed entusiasmo rimette in equilibrio la vita, la perdita lascia il peso del recupero sulle spalle di chi resta.

Lascia però anche tutta la forza, l’energia, la volontà, la fede, l’entusiasmo e forse anche l’incoscienza profuse da coloro che pur involontariamente hanno sacrificato la propria vita per un ideale buono, e certamente tutte queste forze, energie, volontà, fedi ed entusiasmi avranno generato legami di amicizia e di solidarietà che pur non potendo sostituire la perdita di un famigliare, potranno però in qualche modo aiutare chi è rimasto a sopportarne il peso a forse a rimarginarne le ferite.

Questo è ciò che spero per chi resta.

S.M.

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