Cari amici,
frontier
30 anni di Solidarietà e Cooperazione Senza Frontiere
Carissimi amici, non ci è sfuggita la data! Ma le cose da fare e coordinare sono tante che con tutta la nostra buona volontà non siamo riusciti a organizzarci prima.
Il 17 luglio del 1982 nasceva Solidarietà e Cooperazione Senza Frontiere, “organismo volto ad opere di promozione umana nei paesi in via di sviluppo”, come lo ha voluto battezzare il motore principale del gruppo di amici che lo costituì trent’anni fa: il professor Edgardo Monari.
Di seguito riportiamo il pensiero del nostro attuale presidente in occasione della prossima vicina assemblea ordinaria dei soci poi vi informeremo della altre iniziative che sono in preparazione per ricordare la nostra storia trentennale ed aggiornarvi sull’avanzamento dei nostri progetti.
30 anni di Solidarietà
Di Gianfranco Manservisi
Bologna 24.09, giornata nella quale si ricorda la Beata Vergine della Mercede patrona dell’Ordine fondato in Spagna, in Aragona per la liberazione degli schiavi e dei rifugiati tanti anni fa. Sembra oggi.
Care amiche e cari amici,
da tanto avrei voluto scrivervi per dare notizie, ma nuovi avvenimenti e nuove situazioni mi hanno fatto rimandare il momento. Poi alcuni giorni fa, per caso (oppure non lo è stato) ho incontrato una persona anziana che mi ha parlato bene di Edgardo (il professore) dicendomi che sapeva di un suo interessamento verso l’Africa poi chiedendomi:
“Dunque voi chi siete? E cosa fate?” È stato un momento imbarazzante. Avrei potuto rispondere tanto e niente.
Lo faccio ora brevemente, tralasciando nomi e cognomi, per essere più dettagliato durante la prossima vicina assemblea ordinaria dei soci (sabato 29 settembre prossimo alle ore17:30 a villa Pallavicini dopo la messa in suffragio di Edgardo Monari che si celebrerà alle ore 16:30) e durante gli incontri che stiamo preparando in occasione del 30esimo anniversario della fondazione di Solidarietà e Cooperazione Senza Frontiere nata ufficialmente nel 1982.
Intanto posso dire che oggi sono presenti in cantiere 61 operai africani e tre amici italiani. Il lavoro principale consiste nella esecuzione dei getti in calcestruzzo per le opere complementari alla condotta forzata (blocchi e selle di appoggio); frantumazione dei blocchi di roccia per la preparazione della ghiaia, introvabile sul posto e con costi impossibili. Un’altra notizia importante è che finalmente la TAC è di nuovo in funzione e viene utilizzata per i pazienti del Bugando Medical Centre di Mwanza. Pensate che attualmente questa è l’unica TAC operativa per un bacino di milioni di persone le altre, che si contano sulle dita di una mano, o sono fuori servizio per mancanza di fondi per la manutenzione o sono private a pagamento e si usano solo con la CARTA di CREDITO. L’ultimo intervento di manutenzione è stato eseguito – LAMPO – dall’amico Gandini il lunedì mattina per Mwanza e tornato il venerdì successivo per riferire di avere risolto l’inconveniente. Vorrei sottolineare la tempestività e gratuità dell’intervento. In questi giorni sono arrivati ad Iringa 3 container pieni di materiali necessari ai nostri lavori. Ci sono anche 750 m2 di pavimenti ceramici che assieme a Stefano sono stati ordinati da amici di Sassuolo per la scuola di monsignor Vescovo.
A proposito di Monsignore, da poco nominato segretario della Conferenza Episcopale di Tanzania, a lui rinnovo i miei e nostri complimenti e felicitazioni.
A questo punto non mi resta che ringraziare tutti gli amici di Reggio Emilia, le Sorelle della Provvidenza per l’infanzia abbandonata di Piacenza con in testa la madre generale Suor Carla Rebolini, tutti gli amici di Bologna e San Giovanni, gli amici della Romagna e i saldatori della condotta, gli amici della Brulli Energia, della ZECO Hydropower e della Marelli Motori Elettrici e tutti coloro che in qualche modo, anche minimo, hanno partecipato o stanno partecipando alla realizzazione dei nostri progetti. Un grazie particolare a mons. Paul Ruzoka Arcivescovo di Tabora, a mons. Tarcisius Ngalalekuntwa Vescovo di Iringa, ed a tutti i sacerdoti, padre Luciano, padre Peter e gli altri incaricati dai vescovi a partecipare alla nostra AVVENTURA AFRICANA.
Auguro a tutti voi ogni bene, un abbraccio forte.
Gianfranco Manservisi
(Presidente di Solidarietà e Cooperazione Senza Frontiere o.n.g.)
Preparativi per i lavori 2012
Il periodo di silenzio trascorso dopo le feste natalizie corrisponde in realtà ad un periodo di grande fermento e di preparazione delle attività che riprenderanno anche in Tanzania alla fine della stagione umida con il primo viaggio del 2012 che partirà alla metà di maggio prossimo.
Come sapete attualmente siamo impegnati su tre fronti principali:
Il primo progetto e più importante, è il Progetto Idroelettrico Integrato H.I. Project Madege (Bread, Water, Heath, Education, Work) “Pane, Acqua, Salute, Istruzione Lavoro” che ci vede impegnati nel completamento della prima parte dell’impianto idroelettrico da 2.4 MW sul fiume Lukosi a 70 km dalla città di Iringa in Tanzania, che permetterà di portare energia elettrica ad un bacino di circa 15 villaggi.
Attualmente stiamo organizzando il viaggio dei nostri amici di Reggio Emilia (Mario, Marco, Giuseppe e Annamaria) che cercheranno di completare assieme ai nostri amici africani (diamo lavoro a circa 40 famiglie locali) i getti dei blocchi di tenuta e di ancoraggio della condotta e di predisporre quanto necessario per la posa dell’ultimo tratto che dovrà arrivare alla base del salto e collegarsi alla biforcazione che suddivide l’alimentazione elle due linee d’asse (turbina – alternatore) previste.
Qui di seguito riporto alcune immagini dei lavori eseguiti nell’ultimo viaggio del 2011 scattate da Giuseppe Tamagnini che testimonionano lo stato di avanzamento dei lavori e l’entità degli stessi
Il secondo progetto è quello ormai “storico” che ha portato alla realizzazione (su nostro progetto e finanziamento) del nuovo padiglione di medicina nucleare che accoglie il servizio di tomografia assiale computerizzata intitolata al Prof. Monari (Professor Edgardo Monari C.T. Scanner Service) presso il Bugando Medical Centre di Mwanza, inaugurato nell’ottobre del 2009 con l’installazione ed il collaudo (ad opera del nostro amico Zelindo Gandini) di una apparecchiatura donataci dall’ospedale di Mirandola.
Come alcuni già sanno questa apparecchiatura, purtroppo, è attualmente fuori servizio a causa dei continui sbalzi di tensione cui è soggetto l’impianto elettrico dell’ospedale che troppo spesso manda in tilt tutte le scarse e datate apparecchiature elettriche di cui è dotato la struttura (comprese quelle delle sale operatorie !).
Con grande sforzo organizzativo e finanziario siamo riusciti a trovare le parti di ricambio che occorrono per la riparazione (già sul posto) ed anche le apparecchiature di protezione (regalateci dalla ditta Emerson Cloride per l’interessamento del signor Luca Bolelli) che sono ormai giunte al porto di Dar Es Salaam dove aspettano di essere trasportate a Mwanza (sono circa 800 km di strade africane) per poter finalmente rimettere in esercizio questa importante attrezzatura diagnostica della quale il centro medico è attualmente praticamente sprovvisto (dato che la seconda apparecchiatura di questo tipo è fuori uso per gli stessi motivi ma per la cui riparazione non sono attualmente disponibili risorse)
Speriamo con tutto il cuore di potervi informare della rimessa in servizio al più presto!
Il terzo progetto e più recente, è quello per la realizzazione della Good Council Boarding School di Tabora cui abbiamo deciso di dare supporto tecnico – logistico, pur nella limitatezza delle risorse economiche che attualmente non possiamo distrarre dal progetto idroelettrico, e che ci vede impegnati nel sostegno alla realizzazione di un importante iniziativa dell’Arcidiocesi di Tabora per la costruzione di una casa di accoglienza per 50 bambini albini e down abbandonati e di una scuola materna dove poterli re-inserire assieme ai loro coetanei in una società che impari ad accettarli invece di emarginarli come accade spesso nelle campagne e nei villaggi più lontani ed arretrati dove questi sfortunati bambini sono ancora visti come simbolo di sventura e fatti oggetto di persecuzione (quando non di peggio) per alimentare un criminale commercio di amuleti umani sostenuto da ignoranza e superstizione.
Da ora in poi troverete gli aggiornamenti di questo progetto direttamente in una pagina espressamente dedicata alla sua realizzazione: http://taborajournal.wordpress.com/
In questo spazio vi informeremo di tutte le iniziative e le attività per la promozione di questo importante progetto.
Il caos di Dar … 20 ottobre
Stefano Manservisi
Oggi comincia il rientro vero e proprio. Sveglia alle 6:30 per avere il tempo di completare i diari e la pubblicazione sulla nostra pagina web degli scritti di Carlo. Colazione alle 8 e alle 9 siamo già sulla old Morogoro road diretti verso la statale che ci ricondurrà verso est a Dar.
Da Morogoro a Dar la presenza umana è molto più densa e se lasciando Morogoro i villaggi sono intercalati da grandi piantagioni di agave (che serviva per le cime delle navi, or sorpassate da prodotti sintetici di importazione), dopo l’abitato di Chalinze è una ininterrotta teoria di villaggi, mercati agli incroci con le piste che arrivano dall’interno e agglomerati sorti nei pressi di una fermata di bus o di una stazione di “pesa” per i TIR.
Luciano guida veloce con qualche apprensione di Carlo e Mario ma i rallentamenti sono mille: dissuasori in grado di trasformare le auto in tori meccanici da rodeo; camion sovraccarichi o in procinto di esalare l’ultimo nerastro respiro puzzolente e i sorpassi azzardati delle corriere lanciate a velocità supersoniche alle quali è opportuno cedere il passo.
In questo modo io posso approfittarne per cercare di catturare quante più occasioni possibili per fissare immagini delle mille scene di vita africana on the road: donne con carichi improbabili in sicuro equilibrio sulla testa vestite di colori sgargianti ma sempre non prive di una dignitosa eleganza; officine improvvisate dove gruppi di tecnici più o meno pratici discutono animatamente sul da farsi; moto taxi (i famosi pikipiki) che sfrecciano trasportando eroici passeggeri sprezzanti del pericolo e delle leggi della fisica; carretti faticosamente spinti a braccia con carichi abnormi; mamme con bambini sulla schiena e poi ciclisti, pedoni, persone ferme alle fermate dei bus, bancarelle che vendono qualsiasi cosa purché sia colorata e tantissime altre scene che cerco di cogliere al volo dal finestrino del Toyota.
Facciamo una breve sosta in un “business center” lungo la strada in corrispondenza di un affollato sobborgo dove Luciano procura in banca una serie di banconote e monete della Tanzania per Gianfranco.
Alle porte di Dar la strada guadagna due corsie ma anche molti altri veicoli e infatti, non faccio in tempo a pensare che tutto sommato fino ad ora siamo andati piuttosto spediti che siamo in coda fermi in attesa di attraversare l’immissione delle Morogoro road con la Mandela road.
E’ ormai mezzogiorno e decidiamo di andare direttamente alla Nazareth House per lasciare Luciano e caricare il nostro autista ufficiale, Elia, che ci ha preceduto a Dar in bus.
Al Pope John Paul II occupiamo le camere e andiamo a mangiare un boccone al bar.
Dopo essermi un poco rinfrescato, alle 4 in punto Elia passa a prendermi per portarmi di nuovo alla Nazareth dove Luciano mi ha chiesto di fare un giro per l’edificio e dargli qualche suggerimento per la futura ristrutturazione. L’obiettivo sarebbe quello di dotare le camere esistenti di bagno e di soprelevare tutto di un piano. Posto che è necessaria la verifica delle fondazioni e delle strutture (queste ultime a vista molto probabilmente in grado di sopportare un piano in più) mi pare che l’operazione sia possibile e realistica, cerco di dargli qualche suggerimento concreto sia dal punto di vista distributivo che impiantistico e gli do la disponibilità a valutare qualche alternativa quando potrà mandarmi i disegni delle piante attuali.
Alle 5 e un quarto Mario Carlo e Gianfranco arrivano a prendermi per andare all’Oyster bay al nostro solito centro commerciale dove fare gli ultimi acquisti. Purtroppo il traffico non è ancora smaltito e arriviamo che i negozi sono già chiusi, pazienza, entriamo nel supermercato che per fortuna chiude più tardi e comperiamo The, caffè e spezie della Tanzania da portare a casa, poi ci sediamo per la cena e rientriamo.
Alle 8:30 il traffico è finalmente più scorrevole e arriviamo in camera poco dopo le nove.
Domattina potremo dormire un poco di più, poi passeremo la mattina in giro per Dar e il pomeriggio cercando di stivare i souvenir nelle valigie. Poi alle 8 di sera ci faremo accompagnare al Julius Nierere International Airport per prendere il volo KLM che ci porterà ad Amsterdam dove atterreremo sabato mattina per prendere il volo per Bologna.
Il saluto
Carlo Lesi
Ai lati della strada si muove un brulichio di persone: bambini/e in divisa ( camicetta bianca; gonna o calzoncini bleu) che vanno a scuola, ragazzi o uomini in bicicletta con carichi pesanti talvolta su ripide salite sotto un sole cocente, donne che portano sulla testa in perfetto equilibrio un sacco di farina o un secchio d’acqua – imparano fin da piccoli, ragazzi/e che vendono in modo festoso le loro mercanzie ( pomodori, polli, carbone), uomini e donne con la zappa sulla spalla che vanno o tornano dal campo, ragazzi nullafacenti che siedono con fierezza sulle loro fiammanti motociclette, alcuni senza un’apparente attività. Si incontrano ed anche se non si conoscono hanno un tratto comune: si salutano sempre, sorridendo. Si incontrano dieci volte nella giornata, si salutano sorridendo dieci volte! Se poi non hanno fretta o è la prima volta nella giornata che si incontrano si stringono la mano.. Si salutano anche a lungo o addirittura per tutto il tempo della conversazione che può durare anche molti minuti. Lo swahili è una lingua che usa molte parole per esprimere un concetto. E’ più analitica che sintetica. In alcune zone del paese, specie nel sud, le strette di mano sono accompagnate da un gesto di rispetto che consiste nel toccarsi il gomito destro con la mano sinistra e da un inchino o da un suo accenno. Il saluto è accompagnato da uno scambio di parole: cominciano dandosi il benvenuto: karibu ! che può diventare karibu sana ( benvenuto molto) quando vogliono attribuire enfasi al saluto soprattutto nei confronti di uno straniero. Sembra che in quel momento si sentano responsabili di salutare la persona che hanno di fronte a nome della popolazione intera. A saluto risposta: ahsante ( grazie) che può amplificarsi in ahsante sana ( grazie molto) a seconda del calore umano che si è creato. Raccontava un amico che, da più di venti anni viene in Tanzania, che un giorno chiese per strada ad una persona un’informazione senza salutarlo. Quella persona si offese tanto che non gliela voleva dare. “ Chi sei? “ gli domandò perché non lo conosceva. Poi prevalse la gentilezza innata dei tanzaniani e lo accompagnò addirittura sul posto. Tali attenzioni nei confronti della persona con cui si parla si manifestano anche a tavola, per cui non è sconveniente mangiare o passare alimenti con la mano sinistra: potrebbe sembrare scarso apprezzamento per il cibo che l’ospite offre. Se ci si reca invitati a casa da un amico tanzaniano, prima di entrare è doveroso dire: hodi? ( posso?) in attesa di ricevere l’immancabile karibu. Nel caso poi vengano fatti regali è tradizione accettarli con entrambe le mani o con la mano destra mentre con la sinistra ci si tocca il gomito sinistro. A qualcuno tali atteggiamenti possono sembrare stucchevoli convenevoli, espressione di un galateo di altri tempi. Al sottoscritto invece appaiono un comportamento rispettoso di un popolo nei confronti del prossimo che affonda le radici nella sua storia. Va accolto e rispettato.
Spazio e tempo
Stefano Manservisi
Lo scambio di messaggi che riesco a tenere con gli amici che seguono le tracce del nostro viaggio e in particolare uno scambio avuto con il mio amico Stefano, assieme alle sensazioni raccolte dai luoghi che sto attraversando, alcuni per la prima volta, mi fanno sentire a volte come in un romanzo di fantascienza dove i protagonisti viaggiano nello spazio e nel tempo, mentre il collegamento alla rete è una sorta di debole ed instabile collegamento con la base di partenza. Non preoccupatevi, non ho mangiato particolarmente pesante o bevuto smodatamente … stavo solo pensando ad alcune fugaci sensazioni come quella provata qualche giorno fa viaggiando lungo la Morogoro road, che si snoda come una striscia bianca e diritta che si adagia su e giù per le dolci colline della piana ad ovest di Dar es Salaam, sotto un celo nuvoloso e a tratti piovoso, attraversando villaggi dove donne nere in abiti coloratissimi offrivano le loro mercanzie su banchetti improvvisati … la colonna sonora di questo viaggio a ritroso nel tempo era composta da Reain and Tears cantata in inglese da Denis Russos, “ … rain and tears are the same … “ seguita da una quanto mai appropriata Black is Black … (più appropriato di così !) … solo che mi pareva di essere negli anni ’70 … L’Africa riserva anche queste sorprese …
Yeah!
(Come direbbe un mio amico tafano)
Shikamoo
Stefano Manservisi
Esiste un saluto in Tanzania, o comunque in queste parti dell’Africa nera, che chi è passato di qui non può dimenticare: è il saluto dei bambini verso gli adulti, o vesro le persone anziane o comunque più importanti. I bambini salutano dicendo “shikamoo” e gli adulti rispondono “marahaba” e si inchinano (gli adulti) per farsi imporre le mani sulla testa dai più piccoli.
In un paese dove l’aspettativa di vita si ferma a 50 anni o poco più gli anziani godono un credito di saggezza che io vedo mirabilmente sintetizzato in questo saluto, dove il bambino posa le mani sulla testa dell’adulto quasi per attingerne il sapere, ma è l’adulto che deve inchinarsi davanti alla novità … Purtroppo credo che certi anziani europei … italiani non potrebbero capire … forse perché da noi l’aspettativa di vita è molto più elevata.
Consolata Fathers in Morogoro … 19 ottobre
Stefano Manservisi
Valige pronte, colazione alle 8 e partenza. Alla reception del Willolesi (bellavista +o- in diletto kiehe) Hilltop Hotel troviamo Padre Luciano che sarà il nostro autista per il viaggio fino a Dar, accompagnato per un saluto Da Peter e Isàia. Decisamente mi dispiace un poco lasciare queste montagne, soprattutto pensando al clima che ci aspetta a Dar es Salaam.
Alle 9 partiamo alla volta di Morogoro. Con la guida veloce di Luciano arriviamo al Glonency alle 14:30 dopo avere ripercorso a ritroso l’altopiano di Iringa, ridisceso le rampe di Kitonga, essere passati per la confluenza del Lukosi con il Ruaha ed avere fatto una breve sosta al lodge del Baobab Valley Camp Site, per poi ridiscendere a Mikumi e riattraversare il parco e proseguire fino a Morogoro.
Qui ci fermiamo per il pranzo e per incontrare il Vescovo di Iringa che è di ritorno da Dar.
Intanto che aspettiamo monsignore arriva al Glonency anche Padre Paolino, un confratello della Consolata che è in Africa da 50 anni e che si sta occupando della realizzazione del nuovo seminario minore. Ovviamente organizziamo la cena all’Austrian Kichen (un ristorante/pub dentro al campus universitario di Morogoro) assieme agli altri padri della consolata, Erasto (il nuovo rettore), Dido (il rettore precedente, che fu anche parroco a Madege) e Nahashon.
Dopo poco arriva anche mons. Tarcisius che si siede con noi impaziente di conoscere l’esito dell’incontro di ieri. Assieme a Luciano facciamo una breve sintesi dei temi affrontati e delle decisioni prese, dopodichè ci saluta dandoci appuntamento a bologna la prossima settimana. Anche questo fugace incontro a metà strada tra Iringa e Dar mi conferma la sensazione che ci troviamo proprio davanti ad un uovo inizio per il nostro progetto idroelettrico. Ci sarà da lavorare molto!!!
La cena all’Austrian Kitchen trascorre allegra tra gli aneddoti di fratel Paolino e Mario , che si conoscono da tanto e i vivaci scambi di opinioni assieme a Luciano ed Erasto (che si conoscono fino dai tempi del seminario a Mafinga) a proposito della situazione politica in Italia ed in Tanzania.
Mkutano Askofu wa Iringa … 18 ottobre
Stefano Manservisi
Quello di oggi dovrebbe essere l’incontro più importante di questo viaggio dopo quello alla Nazareth House di Dar con il Vescovo di Iringa.
Colazione alle otto e ci presentiamo puntuali alle 9 in vescovado, come sempre ci accoglie padre Wissa che ci fa accomodare nella sala per le riunioni dove ci aspetta il vicario. Mentre aspettiamo che arrivino tutte e persone invitate all’incontro Carlo si fa spiegare dal vicario la “genealogia” della diocesi di Iringa dalla sua fondazione alla fine dell’800 ad oggi.
Quando tutti sono arrivati, il vicario apre l’incontro con un saluto e l’invito a presentarsi, attorno al tavolo siamo in 10. Dopo le presentazioni Luciano da inizio ai lavori.
L’incontro dura tre ora e si tiene in tre lingue: kiswahili, inglese ed italiano e anche per questo risulterà piuttosto impegnativo ma decisamente proficuo e costruttivo.
Abbiamo affrontato temi fondamentali per il futuro del progetto idroelettrico, con l’unico comune scopo di realizzare un impinto che permetta di innescare e sostenere lo sviluppo delle popolazioni delle nostre montagne, in autosufficienza economica e sempre salvaguardando la caratteristica “non profit”.
Alle 11:30 circa Carlo ci lascia per andare a trovare gli amici di Nyumba Ali. Una associazione che si occupa di riabilitare e sostenere i bambini disabili. Noi proseguiamo ancora un’altra oretta poi il vicario conclude i lavori invitandoci a pranzo assieme a loro. Durante il pranzo abbiamo il modo di constatare la reciproca soddisfazione per l’incontro che segna l’inizio di un nuovo cammino insieme tra SCSFong e la Diocesi di Iringa.
Dopo pranzo abbiamo in altro appuntamento con l’ingegnere che dovrà occuparsi della perimetrazione delle aree da acquisire per il nostro progetto sia a monte che a valle dell’impianto.
Conclusi gli incontri tecnici in sede chiedo a p. Peter se ci può accompagnare allo sportello bancario per valutare la possibilità di aprire un canale diretto tra Bologna e iringa. Purtroppo per poter aprire un account come o.n.g. Occorre la registrazione in Tanzania e anche per aprirne uno personale occorre un permesso di soggiorno temporaneo.
Tutto sommato, considerando la frequenza dei viaggi in questi ultimi anni ed il costo dei visti, potrebbe essere utile dotare due persone di permesso temporaneo e aprire un account. Rimaniamo d’accordo con p. Peter che mi fa sapere cosa occorre e quali costi ha una operazione del genere.
A questo punto passiamo a salutare anche noi gli amici di Nyumba Ali che stanno facendo veramente un grande lavoro con questi bambini che non godono di una sorte migliore di quelli che ho conosciuto a Tabora, anzi credo che siano molto più impegnativi, vederli giocare nella palestra di riabilitazione, come al solito mi crea emozioni contrastanti e difficilmente descrivibili a parole … ci fermiamo per quattro chiacchiere poi li liberiamo e assieme a Carlo andiamo a fare qualche acquisto alla associazione Neema Krafts e al mercatino Masahi.
Neema Krafts è un’altra associazione che si occupa della riabilitazione di persone disabili ed è organizzata con un laboratorio attrezzato per attività artigianali ed un bel negozio impostato analogamente a quelli del mercato equo e solidale che conosciamo in Italia e a Bologna, l’organizzazione è sostenuta dalla Diocesi Anglicana di Ruaha.
Il mercatino Masahi invece è un piccolo mercatino artigianale dove si possono trovare oggetti di artigianato locale e Masahi, qui incontriamo ancora uno dei due ragazzi che fermarono Carlo qualche giorno fa mentre aspettavamo Mario vicino al mercato e la mamma Masahi che ci presentò Peter anni fa e che è diventata la nostra fornitrice ufficiale di collane e ciondoli, trovo anche qualche altro oggetto e un paio di disegni a colori, in tinga tinga e un masahi.
Ormai è ora di rientrare, salutiamo Peter e andiamo a prepararci per la cena.
Non è ben chiaro con quale criterio la sala per la cena sia una volta quella superiore e una volta quella inferiore nonostante sia apparecchiata quell’altra, comunque non fa differenza, scendiamo. La sala grande, è ricavata dalla copertura e dalla chiusura con grani finestrone scorrevoli (attraverso le quali si accede) di un grande spazio che era evidentemente stato pensato come aperto, la sala ha poi uno spazio più raccolto che ospita il ristorante … siamo solo noi … e siccome la luce della zona ristorante non si accende e a quanto pare non si aggiusta, ceniamo nella penombra.
Dopo cena in camera a preparare le valige, domani lasceremo Iringa per Morogoro sulla via del ritorno.
L’impassibile eleganza della giraffa
Carlo Lesi
In ogni società che si rispetti ciascuno rappresenta un aspetto della vita, composta di tanti tasselli. Ci pensavo oggi mentre cercavamo il leone al termine del nostro safari all’interno del Ruaha National Park. E’ il nucleo di un vasto ecosistema incontaminato che si estende per circa 40.000 Kmq ed è il secondo parco in ordine di grandezza di questa terra contenendo 12.000 esemplari di animali oltre a 400 specie di uccelli.
Lungo la parte orientale del parco scorre il Great Ruaha River che ospita ippopotami e coccodrilli. Il fascino del parco consiste anche dall’essere poco battuto dai turisti per cui è visitabile in assoluta tranquillità. Necessitano tre-quattro giorni per percorrerlo tutto tanta è la sua ampiezza.
Stavamo cercando il leone che non si faceva trovare. Dispiaceva andarcene senza averlo visto. Abbiamo girato e rigirato per lungo tempo a vuoto lungo le piste del parco sotto l’occhio vigile della guida. D’altronde i capi si devono far desiderare!. Finalmente lo abbiamo avvistato da lontano accovacciato sul greto del letto di un fiume asciutto in compagnia della leonessa all’ombra di un albero.. Pareva stanco e sazio. Voleva riposare. In quel momento era molto caldo e tutti gli animali per istinto cercavano l’ombra.
Così se il leone “ simba” è il re della foresta per la sua maestosità e le sua capacità predatorie, se il bisonte, il rinoceronte ed il bufalo rappresentano la forza bruta, l’elefante la potenza, le gazzelle l’agilità, le zebre la bizzarria dei colori della pelle, il coccodrillo la facile capacità di mimetizzarsi per colpire a tradimento ecc , la giraffa si distingue per la sua eleganza nonostante pesi 450-1200 Kg la femmina e 1800-2000 Kg il maschio. Con i suoi 5 metri di altezza raggiunge con facilità i rami più alti degli alberi e nel contempo domina la scena circostante. Incontra difficoltà ad abbassarsi per abbeverarsi. Nonostante il suo atteggiamento indifferente, è in grado di battere in velocità qualsiasi predatore. Ce ne siamo accorti oggi quando ne abbiamo vista una che cambiava strada con rapidità alla vista del leone. Dicevo della sua eleganza. Anche se a prima vista può apparire goffa causa il collo lungo, simile a quello immortalato dalle donne di Modigliani, che collega la piccola testa in cima con un corpo che ricorda quello di un impala, il suo incedere lento e guardingo denota stile e padronanza di sé. Pare una esperta modella che sfila sulla passerella in un defilè di moda. Anche quando si nutre delle foglie degli alberi assume un atteggiamento compassato. La maculatura della pelle, più o meno scura a seconda dell’età e della razza, le dona un tocco di signorilità. Pare rivestita di una pelliccia. In un mondo come quello animale ( ma non solo) in cui vige la legge del più forte un po’ di stile non guasta. E’ anche vanitosa: si lascia fotografare con facilità mettendosi in posa per restarci tutto il tempo che necessita al fotografo per coglierne l’impassibile bellezza.