Cari amici,
morogoro road
Preparativi per i lavori 2012
Il periodo di silenzio trascorso dopo le feste natalizie corrisponde in realtà ad un periodo di grande fermento e di preparazione delle attività che riprenderanno anche in Tanzania alla fine della stagione umida con il primo viaggio del 2012 che partirà alla metà di maggio prossimo.
Come sapete attualmente siamo impegnati su tre fronti principali:
Il primo progetto e più importante, è il Progetto Idroelettrico Integrato H.I. Project Madege (Bread, Water, Heath, Education, Work) “Pane, Acqua, Salute, Istruzione Lavoro” che ci vede impegnati nel completamento della prima parte dell’impianto idroelettrico da 2.4 MW sul fiume Lukosi a 70 km dalla città di Iringa in Tanzania, che permetterà di portare energia elettrica ad un bacino di circa 15 villaggi.
Attualmente stiamo organizzando il viaggio dei nostri amici di Reggio Emilia (Mario, Marco, Giuseppe e Annamaria) che cercheranno di completare assieme ai nostri amici africani (diamo lavoro a circa 40 famiglie locali) i getti dei blocchi di tenuta e di ancoraggio della condotta e di predisporre quanto necessario per la posa dell’ultimo tratto che dovrà arrivare alla base del salto e collegarsi alla biforcazione che suddivide l’alimentazione elle due linee d’asse (turbina – alternatore) previste.
Qui di seguito riporto alcune immagini dei lavori eseguiti nell’ultimo viaggio del 2011 scattate da Giuseppe Tamagnini che testimonionano lo stato di avanzamento dei lavori e l’entità degli stessi
Il secondo progetto è quello ormai “storico” che ha portato alla realizzazione (su nostro progetto e finanziamento) del nuovo padiglione di medicina nucleare che accoglie il servizio di tomografia assiale computerizzata intitolata al Prof. Monari (Professor Edgardo Monari C.T. Scanner Service) presso il Bugando Medical Centre di Mwanza, inaugurato nell’ottobre del 2009 con l’installazione ed il collaudo (ad opera del nostro amico Zelindo Gandini) di una apparecchiatura donataci dall’ospedale di Mirandola.
Come alcuni già sanno questa apparecchiatura, purtroppo, è attualmente fuori servizio a causa dei continui sbalzi di tensione cui è soggetto l’impianto elettrico dell’ospedale che troppo spesso manda in tilt tutte le scarse e datate apparecchiature elettriche di cui è dotato la struttura (comprese quelle delle sale operatorie !).
Con grande sforzo organizzativo e finanziario siamo riusciti a trovare le parti di ricambio che occorrono per la riparazione (già sul posto) ed anche le apparecchiature di protezione (regalateci dalla ditta Emerson Cloride per l’interessamento del signor Luca Bolelli) che sono ormai giunte al porto di Dar Es Salaam dove aspettano di essere trasportate a Mwanza (sono circa 800 km di strade africane) per poter finalmente rimettere in esercizio questa importante attrezzatura diagnostica della quale il centro medico è attualmente praticamente sprovvisto (dato che la seconda apparecchiatura di questo tipo è fuori uso per gli stessi motivi ma per la cui riparazione non sono attualmente disponibili risorse)
Speriamo con tutto il cuore di potervi informare della rimessa in servizio al più presto!
Il terzo progetto e più recente, è quello per la realizzazione della Good Council Boarding School di Tabora cui abbiamo deciso di dare supporto tecnico – logistico, pur nella limitatezza delle risorse economiche che attualmente non possiamo distrarre dal progetto idroelettrico, e che ci vede impegnati nel sostegno alla realizzazione di un importante iniziativa dell’Arcidiocesi di Tabora per la costruzione di una casa di accoglienza per 50 bambini albini e down abbandonati e di una scuola materna dove poterli re-inserire assieme ai loro coetanei in una società che impari ad accettarli invece di emarginarli come accade spesso nelle campagne e nei villaggi più lontani ed arretrati dove questi sfortunati bambini sono ancora visti come simbolo di sventura e fatti oggetto di persecuzione (quando non di peggio) per alimentare un criminale commercio di amuleti umani sostenuto da ignoranza e superstizione.
Da ora in poi troverete gli aggiornamenti di questo progetto direttamente in una pagina espressamente dedicata alla sua realizzazione: http://taborajournal.wordpress.com/
In questo spazio vi informeremo di tutte le iniziative e le attività per la promozione di questo importante progetto.
Mi rivolgo a quel lettore o due…
Carlo Lesi
Stasera si parte per tornare a casa. E’ il momento delle considerazioni e dei saluti. Mi rivolgo a quel lettore o due ( Manzoni nei Promessi Sposi si rivolgeva ai suoi venticinque lettori: non ambisco a tanto), oltre a mia moglie Maria, che hanno avuto la bontà di seguire i resoconti di Stefano e miei. Nati per scherzo fra di noi via via sono stati per me e credo anche per Stefano motivo di divertente riflessione serale al termine di giornate impegnative e faticose sia per i continui trasferimenti in differenti parti della Tanzania sia per i colloqui con i vescovi di alcune diocesi, il loro collaboratori ed i responsabili civili delle varie città dove siamo stati. Fra l’altro, nel redigere gli appunti di viaggio, non ci siamo influenzati a vicenda perché, per motivi tecnici del mio computer, non sono riuscito a collegarmi ad Internet e quindi al sito di Solidarietà. I resoconti di Stefano li leggerò a casa. Sarà una sorpresa.
Per quanto mi riguarda mi sono pian piano allontanato dalla descrizione del viaggio per accentrare l’attenzione su di un avvenimento – anche se di minore importanza – che durante la giornata aveva acceso la mia fantasia perché fonte di riflessione sulla vita quotidiana delle persone incontrate. Di certo per conoscere un popolo forse non basta una vita e due settimane sono insufficienti, ma con un po’ di attenzione si possono cogliere particolari utili alla comprensione. Questa è stata la linea di fondo seguita.
Che dire del viaggio? Lo definirei intenso sia per i continui spostamenti sia per le numerose persone incontrate. Intenso dal punto di vista logistico e dei contenuti. Altri, più competenti del sottoscritto, ne trarranno le conseguenze “politiche” per l’attività futura di Solidarietà ed in particolare nei confronti dell’impianto idro-elettrico di Maguta. Sono sicuro che l’opera andrà a buon fine a tutto vantaggio delle popolazioni locali. Momenti salienti sono stati il viaggio a Tabora perché ci siamo inoltrati in una parte della Tanzania non battuta dai turisti spingendoci nel cuore del paese, la salita nella pace di Maguta sulle ardue montagne sopra Iringa e la visita al Ruaha National Park a diretto contatto con un ampio spettro di animali, alcuni visti da pochi passi. La vista finale del leone e della leonessa ha rappresentato il degno coronamento della visita.
Venire in Tanzania – credo si possa dire in Africa- si entra in contatto con un modo di vivere completamente diverso dal nostro, direi talvolta opposto a cui occorre prepararsi se non si vuole assumere un atteggiamento miope di incomprensione o peggio di ostilità. Non ci sono realtà migliori o peggiori, ce ne sono di diverse che contribuiscono con le loro peculiarità a formare questa gustosa marmellata che è la vita sulla terra.
Se ho annoiato i miei due lettori chiedo venia e da stasera toglierò il disturbo, se in qualche modo hanno resistito nella lettura trovando qualche interesse mi fa piacere e li ringrazio.
Carlo Lesi
Attori del viaggio in ordine di apparizione.
GFM: Gianfranco Manservisi, Presidente ONG Solidarietà e Cooperazione Senza Frontiere;
SM: Stefano Manservisi, di lui figlio;
CL: Carlo Lesi, scrivano;
MC: Mario Canali, colonna portante della ONG;
JWA: Ing John Asghedon, lavora in Tanzania e collabora con la ONG;
P. PW: Padre Peter Wissa, segretario del Vescovo di Iringa;
P.LM: Padre Luciano Mpoma, procuratore del Vescovo di Iringa a Dar Es Salaam.
Il caos di Dar … 20 ottobre
Stefano Manservisi
Oggi comincia il rientro vero e proprio. Sveglia alle 6:30 per avere il tempo di completare i diari e la pubblicazione sulla nostra pagina web degli scritti di Carlo. Colazione alle 8 e alle 9 siamo già sulla old Morogoro road diretti verso la statale che ci ricondurrà verso est a Dar.
Da Morogoro a Dar la presenza umana è molto più densa e se lasciando Morogoro i villaggi sono intercalati da grandi piantagioni di agave (che serviva per le cime delle navi, or sorpassate da prodotti sintetici di importazione), dopo l’abitato di Chalinze è una ininterrotta teoria di villaggi, mercati agli incroci con le piste che arrivano dall’interno e agglomerati sorti nei pressi di una fermata di bus o di una stazione di “pesa” per i TIR.
Luciano guida veloce con qualche apprensione di Carlo e Mario ma i rallentamenti sono mille: dissuasori in grado di trasformare le auto in tori meccanici da rodeo; camion sovraccarichi o in procinto di esalare l’ultimo nerastro respiro puzzolente e i sorpassi azzardati delle corriere lanciate a velocità supersoniche alle quali è opportuno cedere il passo.
In questo modo io posso approfittarne per cercare di catturare quante più occasioni possibili per fissare immagini delle mille scene di vita africana on the road: donne con carichi improbabili in sicuro equilibrio sulla testa vestite di colori sgargianti ma sempre non prive di una dignitosa eleganza; officine improvvisate dove gruppi di tecnici più o meno pratici discutono animatamente sul da farsi; moto taxi (i famosi pikipiki) che sfrecciano trasportando eroici passeggeri sprezzanti del pericolo e delle leggi della fisica; carretti faticosamente spinti a braccia con carichi abnormi; mamme con bambini sulla schiena e poi ciclisti, pedoni, persone ferme alle fermate dei bus, bancarelle che vendono qualsiasi cosa purché sia colorata e tantissime altre scene che cerco di cogliere al volo dal finestrino del Toyota.
Facciamo una breve sosta in un “business center” lungo la strada in corrispondenza di un affollato sobborgo dove Luciano procura in banca una serie di banconote e monete della Tanzania per Gianfranco.
Alle porte di Dar la strada guadagna due corsie ma anche molti altri veicoli e infatti, non faccio in tempo a pensare che tutto sommato fino ad ora siamo andati piuttosto spediti che siamo in coda fermi in attesa di attraversare l’immissione delle Morogoro road con la Mandela road.
E’ ormai mezzogiorno e decidiamo di andare direttamente alla Nazareth House per lasciare Luciano e caricare il nostro autista ufficiale, Elia, che ci ha preceduto a Dar in bus.
Al Pope John Paul II occupiamo le camere e andiamo a mangiare un boccone al bar.
Dopo essermi un poco rinfrescato, alle 4 in punto Elia passa a prendermi per portarmi di nuovo alla Nazareth dove Luciano mi ha chiesto di fare un giro per l’edificio e dargli qualche suggerimento per la futura ristrutturazione. L’obiettivo sarebbe quello di dotare le camere esistenti di bagno e di soprelevare tutto di un piano. Posto che è necessaria la verifica delle fondazioni e delle strutture (queste ultime a vista molto probabilmente in grado di sopportare un piano in più) mi pare che l’operazione sia possibile e realistica, cerco di dargli qualche suggerimento concreto sia dal punto di vista distributivo che impiantistico e gli do la disponibilità a valutare qualche alternativa quando potrà mandarmi i disegni delle piante attuali.
Alle 5 e un quarto Mario Carlo e Gianfranco arrivano a prendermi per andare all’Oyster bay al nostro solito centro commerciale dove fare gli ultimi acquisti. Purtroppo il traffico non è ancora smaltito e arriviamo che i negozi sono già chiusi, pazienza, entriamo nel supermercato che per fortuna chiude più tardi e comperiamo The, caffè e spezie della Tanzania da portare a casa, poi ci sediamo per la cena e rientriamo.
Alle 8:30 il traffico è finalmente più scorrevole e arriviamo in camera poco dopo le nove.
Domattina potremo dormire un poco di più, poi passeremo la mattina in giro per Dar e il pomeriggio cercando di stivare i souvenir nelle valigie. Poi alle 8 di sera ci faremo accompagnare al Julius Nierere International Airport per prendere il volo KLM che ci porterà ad Amsterdam dove atterreremo sabato mattina per prendere il volo per Bologna.
Il saluto
Carlo Lesi
Ai lati della strada si muove un brulichio di persone: bambini/e in divisa ( camicetta bianca; gonna o calzoncini bleu) che vanno a scuola, ragazzi o uomini in bicicletta con carichi pesanti talvolta su ripide salite sotto un sole cocente, donne che portano sulla testa in perfetto equilibrio un sacco di farina o un secchio d’acqua – imparano fin da piccoli, ragazzi/e che vendono in modo festoso le loro mercanzie ( pomodori, polli, carbone), uomini e donne con la zappa sulla spalla che vanno o tornano dal campo, ragazzi nullafacenti che siedono con fierezza sulle loro fiammanti motociclette, alcuni senza un’apparente attività. Si incontrano ed anche se non si conoscono hanno un tratto comune: si salutano sempre, sorridendo. Si incontrano dieci volte nella giornata, si salutano sorridendo dieci volte! Se poi non hanno fretta o è la prima volta nella giornata che si incontrano si stringono la mano.. Si salutano anche a lungo o addirittura per tutto il tempo della conversazione che può durare anche molti minuti. Lo swahili è una lingua che usa molte parole per esprimere un concetto. E’ più analitica che sintetica. In alcune zone del paese, specie nel sud, le strette di mano sono accompagnate da un gesto di rispetto che consiste nel toccarsi il gomito destro con la mano sinistra e da un inchino o da un suo accenno. Il saluto è accompagnato da uno scambio di parole: cominciano dandosi il benvenuto: karibu ! che può diventare karibu sana ( benvenuto molto) quando vogliono attribuire enfasi al saluto soprattutto nei confronti di uno straniero. Sembra che in quel momento si sentano responsabili di salutare la persona che hanno di fronte a nome della popolazione intera. A saluto risposta: ahsante ( grazie) che può amplificarsi in ahsante sana ( grazie molto) a seconda del calore umano che si è creato. Raccontava un amico che, da più di venti anni viene in Tanzania, che un giorno chiese per strada ad una persona un’informazione senza salutarlo. Quella persona si offese tanto che non gliela voleva dare. “ Chi sei? “ gli domandò perché non lo conosceva. Poi prevalse la gentilezza innata dei tanzaniani e lo accompagnò addirittura sul posto. Tali attenzioni nei confronti della persona con cui si parla si manifestano anche a tavola, per cui non è sconveniente mangiare o passare alimenti con la mano sinistra: potrebbe sembrare scarso apprezzamento per il cibo che l’ospite offre. Se ci si reca invitati a casa da un amico tanzaniano, prima di entrare è doveroso dire: hodi? ( posso?) in attesa di ricevere l’immancabile karibu. Nel caso poi vengano fatti regali è tradizione accettarli con entrambe le mani o con la mano destra mentre con la sinistra ci si tocca il gomito sinistro. A qualcuno tali atteggiamenti possono sembrare stucchevoli convenevoli, espressione di un galateo di altri tempi. Al sottoscritto invece appaiono un comportamento rispettoso di un popolo nei confronti del prossimo che affonda le radici nella sua storia. Va accolto e rispettato.
Paese che vai usanze che trovi
Carlo Lesi
Aspetto positivo di un viaggio all’estero è quando si riesce ad entrare negli usi e costumi della popolazione locale. Ieri a tavola con Lucio e Bruna il discorso è caduto sulla moderna tecnologia sanitaria occidentale che permette alle persone di superare fasi molto critiche delle loro malattie
( infarti, ictus) allungando l’esistenza. L’aspettativa di vita in Italia è per le donne di 84 anni e di 78 anni per gli uomini. In Tanzania di circa 50 anni. In questo modo – affermavano – la morte viene sempre più allontanata nel tempo quasi non fosse un evento naturale della vita. Scriveva Tiziano Terzani nel libro “L’ ultimo giro di giostra” che nel linguaggio comune italiano si è superato il tabù della sessualità di cui ora si parla apertamente, mentre resiste quello della morte che si tenta anche di esorcizzare. Invece in Tanzania – penso in Africa – la morte fa parte della vita. Di qui il senso del limite, della finitezza che il popolo possiede. Sa di non essere onnipotente, mentre i popoli occidentali danno l’impressione di cercare l’onnipotenza dato che la tecnologia li sorregge in questa ricerca allungando talvolta vite disumane. Qui i bambini assistono alla morte dei loro parenti che avviene in casa, si abituano ai morti che vengono sepolti vicino alla capanna, sono un tutt’ uno con il villaggio. Raccontava Bruna che un giorno aveva in casa alcuni bambini che ricordavano con esattezza quanti anni prima era morto un loro genitore, un loro nonno. Imparano che la vita finisce. Da noi si muore il più delle volte in un’anonima camera di ospedale ed i bambini vengono tenuti lontano. Non gli si fanno vedere i morti. I nostri bambini non imparano che la vita ha un termine per cui diventano, anzi diventiamo adulti ed anziani il più delle volte con la sua paura, ricorrendo a gesti scaramantici più o meno simpatici o ad amuleti di ogni genere. Per i tanzaniani imparare fin da bambini che l’esistenza non è eterna ha dei riflessi pratici sulla vita quotidiana: sanno accettare quello che hanno day by day senza preoccuparsi del domani, sanno sorridere e ridere per un nonnulla o anche se non hanno nulla, non si affannano più di tanto se non riescono a fare oggi quanto avevano messo in agenda, sanno accettare i contrattempi o peggio ancora le disgrazie, sanno che non possono cambiare il mondo, sanno che non possono arrivare dappertutto: di grazia se hanno di che mangiare almeno una volta al giorno, se hanno un tetto per quanto di paglia ( ad Iringa se ne vedono molti di lamiera ) sotto cui ripararsi, se riescono a trovare un lavoro tutti i giorni. Forse è giunto il momento in cui noi occidentali abbiamo da imparare a vivere dagli africani?
Spazio e tempo
Stefano Manservisi
Lo scambio di messaggi che riesco a tenere con gli amici che seguono le tracce del nostro viaggio e in particolare uno scambio avuto con il mio amico Stefano, assieme alle sensazioni raccolte dai luoghi che sto attraversando, alcuni per la prima volta, mi fanno sentire a volte come in un romanzo di fantascienza dove i protagonisti viaggiano nello spazio e nel tempo, mentre il collegamento alla rete è una sorta di debole ed instabile collegamento con la base di partenza. Non preoccupatevi, non ho mangiato particolarmente pesante o bevuto smodatamente … stavo solo pensando ad alcune fugaci sensazioni come quella provata qualche giorno fa viaggiando lungo la Morogoro road, che si snoda come una striscia bianca e diritta che si adagia su e giù per le dolci colline della piana ad ovest di Dar es Salaam, sotto un celo nuvoloso e a tratti piovoso, attraversando villaggi dove donne nere in abiti coloratissimi offrivano le loro mercanzie su banchetti improvvisati … la colonna sonora di questo viaggio a ritroso nel tempo era composta da Reain and Tears cantata in inglese da Denis Russos, “ … rain and tears are the same … “ seguita da una quanto mai appropriata Black is Black … (più appropriato di così !) … solo che mi pareva di essere negli anni ’70 … L’Africa riserva anche queste sorprese …
Yeah!
(Come direbbe un mio amico tafano)
L’impassibile eleganza della giraffa
Carlo Lesi
In ogni società che si rispetti ciascuno rappresenta un aspetto della vita, composta di tanti tasselli. Ci pensavo oggi mentre cercavamo il leone al termine del nostro safari all’interno del Ruaha National Park. E’ il nucleo di un vasto ecosistema incontaminato che si estende per circa 40.000 Kmq ed è il secondo parco in ordine di grandezza di questa terra contenendo 12.000 esemplari di animali oltre a 400 specie di uccelli.
Lungo la parte orientale del parco scorre il Great Ruaha River che ospita ippopotami e coccodrilli. Il fascino del parco consiste anche dall’essere poco battuto dai turisti per cui è visitabile in assoluta tranquillità. Necessitano tre-quattro giorni per percorrerlo tutto tanta è la sua ampiezza.
Stavamo cercando il leone che non si faceva trovare. Dispiaceva andarcene senza averlo visto. Abbiamo girato e rigirato per lungo tempo a vuoto lungo le piste del parco sotto l’occhio vigile della guida. D’altronde i capi si devono far desiderare!. Finalmente lo abbiamo avvistato da lontano accovacciato sul greto del letto di un fiume asciutto in compagnia della leonessa all’ombra di un albero.. Pareva stanco e sazio. Voleva riposare. In quel momento era molto caldo e tutti gli animali per istinto cercavano l’ombra.
Così se il leone “ simba” è il re della foresta per la sua maestosità e le sua capacità predatorie, se il bisonte, il rinoceronte ed il bufalo rappresentano la forza bruta, l’elefante la potenza, le gazzelle l’agilità, le zebre la bizzarria dei colori della pelle, il coccodrillo la facile capacità di mimetizzarsi per colpire a tradimento ecc , la giraffa si distingue per la sua eleganza nonostante pesi 450-1200 Kg la femmina e 1800-2000 Kg il maschio. Con i suoi 5 metri di altezza raggiunge con facilità i rami più alti degli alberi e nel contempo domina la scena circostante. Incontra difficoltà ad abbassarsi per abbeverarsi. Nonostante il suo atteggiamento indifferente, è in grado di battere in velocità qualsiasi predatore. Ce ne siamo accorti oggi quando ne abbiamo vista una che cambiava strada con rapidità alla vista del leone. Dicevo della sua eleganza. Anche se a prima vista può apparire goffa causa il collo lungo, simile a quello immortalato dalle donne di Modigliani, che collega la piccola testa in cima con un corpo che ricorda quello di un impala, il suo incedere lento e guardingo denota stile e padronanza di sé. Pare una esperta modella che sfila sulla passerella in un defilè di moda. Anche quando si nutre delle foglie degli alberi assume un atteggiamento compassato. La maculatura della pelle, più o meno scura a seconda dell’età e della razza, le dona un tocco di signorilità. Pare rivestita di una pelliccia. In un mondo come quello animale ( ma non solo) in cui vige la legge del più forte un po’ di stile non guasta. E’ anche vanitosa: si lascia fotografare con facilità mettendosi in posa per restarci tutto il tempo che necessita al fotografo per coglierne l’impassibile bellezza.
Casa Monari … 15 ottobre
Stefano Manservisi
Incontriamo P. Wissa che stava uscendo piuttosto stupito di vederci li alle 9 del mattino quando lui pensava che dovessimo essere ancor a Morogoro.
L’accoglienza qui è sempre fraterna e sincera, è bello incontrare gli amici da queste parti, l’entusiasmo è sempre contagioso.
Scambiamo due chiacchiere di benvenuto e di veloce aggiornamento sull’incontro di Mercoledì con mons. Tarcisius e su quello che dovrà seguire martedì prossimo. Prima di salutarci proponiamo di spendere la mezza giornata recuperata in una escursione al parco del Ruaha nella giornata di lunedì. Ci aggiorneremo domani pomeriggio una volta che sia arrivato a Iringa anche P. Luciano.
Prima di salire a Maguta passiamo per il mercato di Iringa a recuperare Mario che sta facendo un poco di spesa per il breve soggiorno a Casa Monari a Maguta.
Lasciamo Iringa e iniziamo a salire sulle nostre montagne passando dall’abitato di Ipoigoro, poi Kilolo (sede della provincia) per poi passare da Kidabaga dove arriviamo nel pieno del variopinto mercato settimanale, pieno di gente e colori. Infine, dopo avere “scollinato” un paio di volte , arriviamo a Madege il capoluogo all’interno del cui territorio si estende il nostro impianto idroelettrico sul fiume Lukosi in località Manguta.
Arriviamo a Casa Monari giusto in tempo per il pranzo.
Come sempre arrivare qui è un po come arrivare a casa e come sempre, l’accoglienza delle ragazze Innocenthia e Tafrigia, dei meccanici, dei capi squadra e di William il capocantiere è degna di fratelli rientrati dopo un lungo viaggio.
Il tempo di sistemare i bagagli nelle camere che è già ora di pranzo. Taffy e Innocenthia hanno preparato degli ottimi maccheroni con un ottimo sugo all’amatriciana.
Viaggio di Solidarietà in Tanzania 8-21 ottobre 2011
Ecco il programma di massima del prossimo viaggio in Tanzania, cui parteciperanno assieme al presidente di SCSFong anche Stefano Manservisi, Carlo Lesi e Mario Canali (che è già sul posto):
08 OTT sabato – BOLOGNA – DAR ES SALAAM
pernottamento a Dar (Kurasini – Pope John Paul II hostel)
09 OTT domenica – DAR ES SALAAM
incontri con l’ing. Asghedom Woldeghiorghis, con i tecnici in rientro dal cantiere e con P. Luciano e all’Ufficio per la Cooperazione Italiana all’Estero dell’Ambasciata Italiana
pernottamento a Dar
10 OTT lunedì – volo DAR – SHINYANGA -trasferimento in auto a TABORA
pernottamento a TABORA
11 OTT martedì – TABORA
incontri con l’Arcivescovo di Tabora, Mons. Paul Ruzoka per discutere la richiesta di sostegno al progetto della TABORA BOARDING SCHOOL: casa e scuola di accoglienza per i bambini albini e down
pernottamento a TABORA
12 OTT mercoledì – trasferimento TABORA – SHINYANGA – volo per MWANZA
pernottamento a MWANZA
13 OTT giovedì MWANZA – DAR
in mattinata visita e incontri con la direzione del BUGANDO M.C. per fare il punto sulla installazione delle apparecchiature elettroniche di protezione per salvaguardare l’apparecchiatura per la TAC che abbiamo installato e proposta di convenzione tra SCSFong e il Bugando Medical Centre.
pernottamento a DAR (Kurasini – Pope John Paul II hostel)
14 OTT venerdì – trasferimento in auto DAR – MOROGORO
passaggio e visita all’Allamano Seminary dai nostri amici Padri della Consolata
pernottamento a Morogoro
15 OTT sabato – trasferimento in auto MOROGORO – IRINGA
visita alla casa diocesana
pernottamento a Iringa
16 OTT domenica – IRINGA
incontro e colloquio con il Vescovo di Iringa, Mons. Tarcisius Ngalalekumtwa per fare il punto sulla realizzazione del Progetto Idroelettrico Integrato “pane, acqua, salute, istruzione, lavoro” di Madege (HiProject Madege) visita al St. John of the Cross Hospital di Tosamaganga e all’orfanotrofio.
pernottamento a Iringa
17 OTT lunedì – trasferimento in auto IRINGA – MAGUTA (Madege)
pernottamento a Maguta
18 OTT martedì – MAGUTA
saluto agli operai e sopralluoghi al cantiere della condotta e della centrale – visita al dispensario di Madege
pernottamento a Maguta
19 OTT mercoledì – trasferimento in auto MAGUTA – IRINGA – MIKUMI
pernottamento a Mikumi
20 OTT giovedì – trasferimento in auto MIKUMI – DAR
pernottamento a Dar (Kurasini – Pope John Paul II hostel)
21 OTT venerdì – DAR – AMSTERDAM
Incontri e giornata disponibile a DAR
in serata volo di rientro dal Julius Nierere international Airport di Dar Es Salaam
22 OTT sabato – AMSTERDAM – BOLOGNA
arrivo previsto all’aeroporto Marconi di Bologna alle 11:20
Come vedete un programma intenso ed articolato ma necessario per assicurare il corretto proseguimento dei nostri progetti in Tanzania la cui realizzazione passa fondamentalmente per il lavoro dei nostri amici volontari e tecnici e degli operai locali, ma anche dai contatti e dai rapporti con i nostri partner sul posto (Diocesi di Iringa e Bugando M.C.) e con le realtà locali a noi vicine delle quali non abbiamo mai ignorato le richieste di sostegno ed aiuto.
In Africa i programmi si fanno sapendo che dovranno essere rifatti, ma è importante anche lo sforzo organizzativo che stiamo facendo per coordinare al meglio tutte le attività legate alla realizzazione dei nostri progetti in un ambiente sociale, politico ed amministrativo in veloce trasformazione nel quale dobbiamo mantenerci aggiornati ed attivi.
E’ importante il vostro sostegno attivo e continuo per sostenere il nostro impegno, durante il viaggio cercheremo di aggiornare il diario di bordo tempestivamente utilizzando questo strumento e le nostre pagine attive su Facebook e Twitter, non fateci mancare il vostro supporto, seguiteci!